mercoledì 29 dicembre 2010

Corro per apparire (visibile)?

Come molti altri campi, lo sport è legato al concetto di successo. Poiché nella popolazione è notevole la percentuale di chi ha un'autostima basata sul successo, è evidente che molti pensano di ottenere una visibilità sociale attraverso lo sport. Purtroppo però i campioni sono pochi e non tutti riescono facilmente a vincere o anche solo a entrare nei premi una garetta locale. Ecco allora che il visibile trasforma la partecipazione in vittoria. Se la gara a cui partecipo è estremamente dura, anche se non vinco, ma arrivo, ecco che sono un eroe. La maratona è naturalmente un fertile campo del visibile. Correre una maratona è spesso il sogno che fa iniziare la carriera sportiva di un sedentario. Se poi la maratona è quella di New York, allora... Poiché agli occhi dei non sportivi la maratona è qualcosa di incredibile, ecco che il visibile la usa per acquisire visibilità, nascondendo a sé stesso che finire una maratona è banale con un minimo di allenamento (ci è riuscito anche un novantenne, mentre nessun novantenne corre i 5000 m in meno di 20'). Quando la maratona non basta, ecco il fenomeno dei plurimaratoneti o degli ultramaratoneti. Un modo semplice per risultare visibile, se non si hanno grandi doti atletiche, è di compiere un'impresa che comunque pochi sanno terminare. Molti maratoneti si rendono conto che la loro maratona fatta "camminando" è un'impresa eroica solo se raccontata a obesi sedentari; ecco allora che scattano le idee geniali. La prima: se io ne corro tante, sarò uno dei pochi che ci riesce. Infatti negli scorsi anni chi correva dieci maratone all'anno era visto (da chi non capisce granché di corsa) come un mito. Poi finalmente sono arrivati Rizzitelli e altri che hanno dimostrato, senza nessuna pretesa di eroismo, che si possono correre 50, 100 maratone all'anno, cosa del tutto ovvia se si pensa che un professionista corre nei momenti di maggior carico 40 km al giorno! La seconda idea: dei plurimaratoneti se ne parla ormai poco, ma allora perché non allunghiamo e passiamo alle ultramaratone?

Da notare che la motivazione del visibile nulla ha a che fare con la motivazione del selftester, al quale non interessa la visibilità presso altri, ma soprattutto verso sé stesso, alla ricerca della costruzione di un'autostima che è troppo fragile.

(Tratto dal libro «Il manuale completo della corsa» R. Albanesi)

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