sabato 21 giugno 2014

La Vigilia di S. Giovanni a Bari Vecchia (di M. Cassano)

La notte del 23 giugno vigilia della festa di san Giovanni Battista è avvolta da un’aura di mistero e contornata da tante leggende e tradizioni che variano da regione a regione, o che attraversano l’Italia restando più o meno invariate . A Bari Vecchia questa festa è molto antica ed è una delle tipiche manifestazioni della tradizione popolare locale che era scomparsa dalle strade della nostra Città Vecchia per motivi di “vivibilità” ma, all’interno di ogni famiglia, continuava a vivere.

Il Circolo A.C.L.I. “Dalfino” è riuscito a far rinascere l’antica tradizione e, con determinazione e costanza, si è riusciti a riportarla nelle strade, nei vicoli e nelle antiche corti, proprio come avveniva un tempo. Sono quasi 30 anni, infatti, che l’iniziativa è presentata puntualmente, ogni anno, dal o Circolo, tanto da divenire un grande appuntamento cittadino e, in particolar modo, per tutta la gente di Bari Vecchia che con grande entusiasmo e soddisfazione si è riappropriata dell’evento. Per la circostanza, in maniera del tutto spontanea, nelle case della Città Vecchia, si imbandiscono tavole e si da così vita all’antica usanza.
Michele Fanelli vice presidente del circolo Acli Dalfino autore di molti libri dedicati alla storia e alle tradizioni popolari di Bari, ci fornisce alcune informazioni sulla vigilia com’è nata e, in che maniera si svolge.

La tradizione popolare vuole che S. Giovanni porti la “Vigilia” perché a Lui sarebbero legati 3 giorni, cosiddetti di “S. Giovanni”. La leggenda narra che S. Giovanni “il Battista” dormì per 3 giorni e 3 notti consecutivi ed il suo sonno fu talmente profondo che neanche Gesù Cristo riuscì a svegliarlo. 

Al suo risveglio, Gesù gli disse: “Ieri è stato il tuo onomastico e non te ne sei accorto!”. Per la fantasia popolare, chi si chiama Giovanni doveva onorare il Santo addobbando lo spazio in cui abitava che si trattasse di via o corte. Si doveva imbandire una tavola con il piatto tipico di S. Giovanni: “du vermicide alla San Giuannidde” ossia una piccola quantità di spaghetti conditi con il pomodoro fresco appena appasito nell’olio, con aggiunta di cipolla affettata e foglioline di basilico; in seguito questa pietanza fu sostituita con “menuicchie che la recotta marzoteche”, frittura di pesce, “sopataue” (verdura fresca da consumarsi cruda). Al termine, il pranzo si concludeva obbligatoriamente con il frutto tipico di stagione “le chelumme de san Geuanne” (i fioroni). Infatti, il motto di San Giovanni è il seguente: “San Geuanne San Geuanne, pigghe chelumme e ammine ‘nganne”. La notte di S. Giovanni viene ricordata come “la notte del comparizio” in cui si stringe un patto di sangue legato ad un impegno o ad un contratto. Per effetto di questo patto si diviene “compari di S. Giovanni”: i padrini e le madrine del Battesimo, della Cresima e del Matrimonio sono da ritenersi da tutti “compari di S. Giovanni”. Durante la notte di S. Giovanni, esattamente alla mezzanotte, si richiamavano particolari riti come “u’ Uangele della Bona Nove” (l’Angelo della Buona Novella) con il quale si tentava di indovinare il futuro. “s’andevine la vendure”. E poi, quella di S. Giovanni, è la notte del fuoco, “u fueche de s. Geuanne” che brucia il passato e dà inizio ad un nuovo periodo, del passaggio, cioè dalla primavera all’estate.

E’ sicuramente una notte magica!.
Ora qui di seguito vi ricordo il menù della Vigilia di S. Giovanni perché ognuno possa ottenere precise indicazioni:
  • Antipasto: cozze nere e provolone semi-piccante, olive nere, salsiccia piccante. Vino nero rinfrescato nel ghiaccio.
  • Primo: spaghetti alla “s. Geuanidde”, menuicchie che la recotta marzoteche. Vino nero fresco.
  • Secondo piatto: frittura di pesce caldo. Vino nero fresco.
  • Sopataue: sedano, ravanelli, lattughe e cicorie fresche. Vino nero fresco ed infine la frutta di stagione: i fioroni di S. Giovanni. 
Con questi ultimi si concludeva la tavolata di S. Giovanni rispettando la tradizione culinaria rispondente al motto: “San Geuanne, San Geuanne, pigghe chelumme e ammine nganne”. Dopo questa cena “allegrotta” quasi non ci si riesce ad alzare da tavola e si recita il seguente detto: “Storia me non è chiù, male a lore e bene a nù. Ce qualche june da demande, me senghe megghie mò ca tante, ce da demande u patrone, stogghe disciune!”

Articolo di Michele Cassano

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