domenica 19 febbraio 2012

La falcata

Molti runner sono convinti che occorra dedicare tempo e studio allamodifica della propria falcata. Con questo termine non si intende ilsemplice passo della corsa, ma la combinazione fra numero di passi e loro lunghezza. In questa condizione c'è del vero, ma anche un errore di fondo.
Vero -  La prestazione è correlata (attenzione: ho detto correlata non causata) alla falcata: il numero di passi nell'unità di tempo per la loro lunghezza dà la distanza percorsa nell'unità di tempo. Se la falcata è di 1,5 m e si compiono 200 passi al minuto, in un minuto si percorreranno 300 m, un'andatura di 3'20"/km.  Sembrerebbe logico lavorare su queste due grandezze per aumentare la falcata e quindi la prestazione.
Falso -  Non è invece possibile (ecco l'errore) lavorare su una grandezza senza intaccare l'altra. In genere infatti ogni forzatura nella gestione della falcata comporta una diminuzione della prestazione.


Cioè la falcata migliore è quella spontanea (Heinert, 1988).  Infatti se la cilindrata del motore resta la stessa:
  1.  se si aumenta il numero di passi al minuto, questi inevitabilmente si accorciano;
  2.  se si aumenta la falcata inevitabilmente il numero dei passi al minuto diminuisce.
La teoria
È importante ricordare una serie di studi: la falcata corretta non è prevedibile dalle misure antropometriche (altezza, peso ecc.) dell'atleta (Cavanagh e Kram, 1980).  Infatti oltre alla lunghezza degli arti un parametro molto importante è l'inerzia degli stessi, cioè la velocità con cui rispondono alle sollecitazioni (Cavanagh e Kram, 1985, e Minetti, 1994-1995).  Costa più (in termini energetici) allungare il passo che accorciarlo (Hogberg, 1952). I corridori di fondo (maratoneti) hanno un'economia di corsa (costo energetico della falcata) minore del 5-10% rispetto a quelli di mezzofondo (Conley e Krahenbuhl, 1980).

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